martedì 14 dicembre 2010

Stanco della solita routine? Il ritorno...















Dai in mano ad una povera impiegatucola un Vito Mercedes  e lei ve lo trasformerà in una Panda 4x4, se va bene. Se va male, in un ammasso di righe orizzontali o verticali. Se va peggio, in un ammasso di lamiere accartocciato, dico io. 

Ecco la storia.

Mi telefona il capo, stavolta il giorno prima. "Senti, ti andrebbe di consegnare dei formaggi. Fanno degli assaggi. Bisognerebbe andare agli ospedali di Mondovì e Ceva... ". Naturalmente ti hanno insegnato ad essere disponibile sul lavoro e rispondi di si. 

Così il giorno dopo uno va a lavorare già psicologicamente pronto. Ma mai abbastanza pronto.

Prendo il mio amico Vito e parto. Arrivare a Mondovì non è un problema, a parte i 60 km di strada con il sole basso e accecante in faccia. Gli occhiali da sole e il coso che si abbassa in auto per ripararti dai raggi, non sono abbastanza. 

Arrivo a Mondovì e l'ospedale è ben segnalato. Un complesso nuovo e fighissimo. Un gioiellino dell'architettura post moderna. Di quelli che hanno un buco in centro e i vari piani che si affacciano su 'sto buco. Guardandolo dal basso il soffitto sembra altissimo, mentre se sei sui piani alzi il braccio e lo puoi toccare. Così, cammini con la testa abbassata, per paura di sbattere contro un neon. 

Seguo il cartello "entrata fornitori". Arrivo in un parcheggio nel bel mezzo del nulla. Non un ingresso, non un magazzino, non un cartello "scarico merci". 

Chiedo all'operaio catarinfrangente. Lo disturbo mentre sta lavorando appoggiato alla ringhiera con le mani incrociate. Non sa rispondere. 

Scorgo un tizio che sembra un vigilantes perché ha un giubbotto bombato e delle etichette in stoffa attaccate sopra all'indumento. Il signore gentilmente mi accompagna fino alle cucine,  che sono al termine di una serie di corridoi che girano prima a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a destra. Avrei dovuto portarmi il formaggio dietro e seminarlo come Pollicino, per   ritrovare la strada. 

Il signore gentile mi abbandona, busso alle porte della cucina, ma nessuno mi apre. Allora chiedo alle signore delle pulizie ammassate in una stanzetta dall'altra parte del corridoio. Le tizie in malo modo mi rispondono che non sanno nulla. Tra le righe c'erano le parole "che cazzo ne sappiamo. Non rompere". Mi si avvicina un signore, che mi accompagna fino alla sala mensa, dicendomi che forse li avrei trovato qualcuno. 

Morale della favola: se sei una donna, non chiedere mai indicazioni ad altre donne. Chiedi agli uomini, che sono gentili e ti accompagnano. 

Imparando dalle favole, mi sono solo più rivolta agli uomini. Arrivata in sala mensa, trovo due tizi che mi dicono che i signori delle cucine arrivano con il cibo già pronto, quindi lo preparano da un'altra parte. Per sicurezza mi indicano il modo per arrivare alla reception dove sicuramente avrebbero saputo darmi una risposta. 

La signorina della reception che deve essere gentile per mestiere, fa un paio di telefonate e mi dice: "le cucine sono a Mondovì Piazza, nel vecchio ospedale". Mi spiega la strada per arrivarci e mi spiega la strada per uscire dall'ospedale: "Segua le indicazioni per il pronto soccorso!".  Al terzo bivio ho rischiato di ritrovarmi in una sala operatoria. Gentilmente mi accompagnano all'uscita, seguita da un calcio in culo. Era una donna. 

Esco dall'ospedale. Seguo le indicazioni ed arrivo al semaforo. Dovevo girare a destra o a sinistra? Dopo il semaforo avrei dovuto seguire i cartelli stradali. Giro a destra. Finisco in mezzo alla campagna. Nessuno cartello che mi indicasse la via. Mi sa che dovevo svoltare a sinistra. 

Ritorno indietro, cercando di fare manovra con Vito in una stradina di campagna... Finalmente trovo un cortile, entro in questa casa privata faccio inversione ad U tirando il freno a mano e trono indietro. 

Chiedo ad un vecchietto che mi dice: "vada dritto, alla seconda rotonda giri a destra. Li ci sono le indicazioni per Mondovì Piazza". 

Seguo le indicazioni del nonnino e dopo la seconda rotonda trovo le indicazione per l'ospedale. Mi dico: sarà l'ospedale vecchio di Piazza. Le seguo. Non mi ritrovo di nuovo al punto di partenza????

A 'sto punto i coglioni cominciano a girarmi. Scusatemi il termine "girarmi". Ritorno indietro e ripercorro la strada indicatami dal vecchietto. Nessun cartello con scritto "piazza". Richiedo informazioni e mi indicano un'altra strada. 

Finalmente 'sti benedetti cartelli che mi indicano la via. Peccato che comincio ad inerpicarmi su per le stradine medioevali concepite per i muli ed i carretti e non per il mio Vito.  Strade a senso unico, stette e divieti vari tra cui enormi "sensi vietati". Non so perché, nel medioevo, non abbiano mai pensato a fare strade a doppio senso di marcia. Arrivo su una Piazza, davanti ad una chiesa. Vicolo cieco. L'unica via di fuga un'enorme scalinata. 

'Ndò cazzo sta 'sto ospedale vecchio??? a detta di una signora quasi asfaltata sul ciottolato me lo sarei dovuta trovare di fronte appena arrivata in cima alla strada. 

Una piazza,  un'enorme scalinata, una chiesa, due nonnini. 

Chiedo ai nonnini. 
I due nonnini cominciano a disquisire su quale fosse la strada migliore da indicarmi. Come se stessero discutendo di politica, uno comincia a perorare la tesi che era più facile per me tornare indietro (ricordatevi della strada medioevale stretta e ripida) perché l'ospedale si trovava in fondo alla strada. "Ci è passata davanti signorina, non lo ha visto?".
L'altro signore invece non era d'accordo: "è senso vietato a scendere!". "Ma se le facciamo fare il giro lungo, la signorina si perde di nuovo! Poi ho già visto scendere almeno 5 auto". Giustamente. "Senta signorina, mi ascolti. Torni indietro lentamente, faccia attenzione perché è senso vietato. Se va a bocciare ha poi torto marcio. L'ospedale è infondo alla strada, tenendo la sinistra". 

Cosa faccio io? Se sono scese 5 auto contro mano, io faccio la sesta. Appena faccio per imboccare la strettoia, una enorme BMW nel senso giusto mi blocca la strada. Dietro di lei altre 6 auto. Faccio retromarcia,  dicendo parolacce in turco, armeno, austrogoto: "dkhoesms dieksejro eownewoerjo!!!!!!". 

Vedo spuntare i miei due nonnini che con spirito impavido e coraggio da leoni, vanno fino alla strettoia. Fanno passare le auto e da bravi vigili mi indicano la via libera. Parto in sgommata e mi ficco in contromano giù per la strada. 

Arrivo in un piazzale. Un edificio abbandonato. Le porte sprangate. Ma dove saranno le cucine? Faccio il giro perimetrale, a piedi. Non un segno di vita. Ci mancava l'uomo con la motosega che mi arrivava alle spalle ed avrei concluso la giornata in bellezza. 

"dksejoeio dsieorneo doiseoaeoa!!!". Decido di telefonare al mio capo: "kdoseneo eiowehr ewoeiwoei!!! 'sto ospedale non esiste, non si trova! torno indietro con i formaggi!!! diseonfeo ieruoeureh eudeoeoeo!!!".  Chiudo la conversazione, mentre l'altro balbetta un: "se se li, continua a cercare..."  

Prendo il furgone, faccio per tornare indietro e guardalo lì, come un'oasi nel deserto! Un vecchio palazzone dell' 800. Chiedo ad una signora che mi dice che le cucine sono infondo al cortile. 

Appena vedo il cuoco: apro il furgone, scarico le tume e vaffanculo! 

Riparto in sgommata con i nervi a fior di pelle. 

Comunque una cosa ho imparato, i nonnini sono meglio del ton ton. E per la cronaca, il furgone è tornato integro a casa. 








4 commenti:

  1. Come prima visita volevo commentare solo il (per me) molto più stimolante post qua sotto (cosa che ho fatto) però poi ho visto nomi come Mondovì e Ceva, luoghi dove vivono i parenti della mia perduta mamma, e allora ho voluto lasciare un saluto pure qui.
    Ciao! :D

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  2. Ma poi diciamolo: che nome è Vito per una macchina?
    (Comunque sì, meglio chiedere a persone di sesso opposto, sempre).
    La prossima volta il formaggio portalo a me. Adoro il formaggio.

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  3. @ zio scriba
    grazie per i molteplici saluti e torna a farmi visita!

    @ silas
    si, vito è un nome orrendo. i formaggi te li porto volentieri, ma poi mi perdo e chissà dove finisco...

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  4. Evvabbeh, che ci fa? Perdersi in Sicilia non è male.

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