mercoledì 22 settembre 2010

Usagi va a casa















Ricordo quando frequentavo le medie ed un mio compagno di classe, un gran simpaticone, mi prendeva in giro chiamandomi "cinesina" a causa della forma particolare dei miei occhi. 


Mi sono sempre guardata allo specchio, chiedendomi: perché cinese? Al massimo giapponese. Anche se sarebbe stato più giusto definirmi "terrona". 

Immaginavo un mio avo terrone in giro per il mondo, partito dalle coste di Termini Imerese (scansando le navi italiane regalate ai libici) e dopo tanto vagare sbarca nel Sol Levante. Incontra e si innamora perdutamente di una Geisha. Dal loro amore nasce una bambina. La Geisha si ammala e prega il mio avo di portare il frutto del loro amore lontano. Allora l'antenato abbandona la Geisha morente e torna in Italia con una bocca in più da sfamare.

Ma questa visione romantica cozza con la storia di famiglia. Potrebbe essere più veritiera una scappatella di qualche mia antenata con un bel manzo giapponese. Anche se dubito che in Giappone abbiano dei ragazzotti alti, slanciati, robusti e soprattutto belli.

Comunque, in cuor mio, ho sempre pensato di essere Giapponese nell'anime.

In una qualsiasi città d'arte italiana o europea, dove è possibile avvistare gente nipponica, mi sono sempre soffermata ad osservarli. 
In gruppo, ordinati ed ubbidienti. Sorridenti e curiosi. Le macchine fotografiche, appendice delle loro mani. L'obiettivo, non perdere d'occhio l'ombrello alzato della loro guida e non lasciarsi scappare la migliore foto dei tombini.  Giuro che li ho visti, non è una leggenda metropolitana.

Ho sempre adorato le ragazzine vestite con 500 euro addosso al netto dei tacchi a spillo. Passeggiano con naturalezza  tra rovine e strade acciotolate. Si disincastrano dai tombini con semplicità e fare aggraziato (che scoperta, avrei detto si scrivesse aggrazziato...).

Poi, quando ho scoperto le cosplay, non ho avuto più dubbi: sono giapponese. 

Per questo motivo ho deciso di andare a casa. A conoscere la mia vera patria, il Giappone. 

Ufficialmente per due settimane, ma in realtà non so se tornerò... Non perché la sottoscritta Usagi resterà in Giappone di sua volontà vestendo panni da geisha con i fiori tra i capelli, ma perché non riuscirà mai ad uscire dall'aeroporto di Narita/Tokyo. 

Vi sfido a decifrare questo cartello: 


Auguratemi Buon Viaggio. 
Manca poco ormai alla partenza.....  


5 commenti:

  1. Ma buonissimo viaggio!!!!! Che sogno il Giappone! (Prima o poi anche io...)

    RispondiElimina
  2. Più che buon viaggio ti direi "che invidia". Vabbeh, però anche buon viaggio.

    RispondiElimina
  3. Chi di macchina fotografica ferisce,di macchina perisce: portati una canon e fotografa tutti i tombini di Tokyo.

    RispondiElimina
  4. @ silas

    grassie, grassie! :-)

    @ fulmicotonato

    buona idea! poi potrei pubblicare un saggio intitolato "le differenze tra tombini italiani e quelli giapponesi. Pro e contro".

    RispondiElimina