lunedì 23 agosto 2010

La centrista














Ho sentito parlare di una.
Amica di una mia amica.
Una tipa che ama stare al centro dell'attenzione. Insomma, una centrista. 

Nelle serate tra amici è sempre quella meglio vestita, meglio truccata, con il sorriso più largo. 

Si mostra simpatica, dolce, grande ascoltatrice. Dispensa a tutti, indipendentemente dal sesso dell'interlocutore, occhiate languide, carezze o abbracci. 

E' sempre circondata da orde di uomini adoranti e ragazze che lei giudica un gradino sotto,  in modo da non destabilizzare la sua autostima. Queste, vivono di luce riflessa sentendosi inferiori ma anche lusingate ad avere una cotale amica.

La tizia ama farsi ricoprire di complimenti, ma si guarda bene dal dispensarne.  Ama avere l'ultima parola su tutto, ama essere il giudice nelle discussioni. 

Con le amiche fa la consigliera. Lei sa tutto, sa quello che è giusto. Con gli uomini fa la gatta morta. Riesce ad illudere il più brutto e sfigato della compagnia ad avere speranze con lei. 

Se un ragazzo esce dal suo accentramento e scambia due parole con l'amica sfigata che l'accompagna, stranamente lei si concentra su questo (anche se di lui non gliene può fregar de meno),  facendo di tutto per riportare colui che si è sviato, il figliuol prodigo, sotto le sue grinfie. 

Questa tizia, ama conoscere sempre gente nuova. Non si fa problemi ad avvicinarsi e ad avvicinare ragazzi. Se approccia un tipo si comporta con lui come se lo conoscesse da una vita.

Emana un'aura da strega. Tutti ne rimangono ammaliati. "Comandi padrona!" sembrano dire i loro sguardi, mentre l'adorano.

Scambi di numeri di telefono, promesse di cene. I poveretti, illusi dalla disponibilità della tizia, rimangono sempre con un palmo di naso perché puntuale questa riattacca loro il telefono in faccia senza tanti complimenti.  
Così gli uomini sono completamente stregati. La sognano e la cercano.

Singles, fidanzati, sposati, giovani e vecchi. Tutti pendono dalle sue labbra, affogano nei suoi occhi languidi e sopportano gli eventuali isterismi.
Il suo dominio è incontrastato.

Incuriosita da cotanta beltade e beatidune, sono uscita una sera con la Signora delle Camelie e la mia amica. Nel giro di poco ci siamo trovate circondate da ogni tipo di uomo, attratto da lei come le api dal miele. Lei dispensava sorrisi e abbracci, nonostante ignorasse l'identità dell'interlocutore.

Capisco essere gentili e disponibili, ma proprio circondarsi di ogni sorta di essere umano. Almeno fare una selezione, un'audizione, buttare via lo scarto.

Non so, fare una cernita tra il cinquantenne con la crisi di mezza età e il ragazzino brufoloso con l'ormone a picco.

Scegliere tra lo sciupafemmine "basta che respiri"  e lo sfigatello che non sa neanche da che parte cominciare.  

Ignorare i ciccioni bavosi e i mingherlini manosvelta. Passare oltre al fighetto firmato dalla testa ai piedi e il morto di fame.

Diffidare dai forti bevitori e dai saccenti.

Lei non si schifa di nulla, dispensa amore e sorrisi indifferentemente da tutti. Almeno si facesse pagare...




mercoledì 18 agosto 2010

Compagni
















Non so perché, ma a volte mi capita di fissarmi su alcune parole. Sul loro suono, sulla loro pronuncia. Mi chiedo il perché si usi un determinato vocabolo per definire un oggetto, una persona o un concetto.

Perché si dice "forchetta"? O perché si dice "cucchiaio"?

Per un certo periodo, mi sono soffermata  sulla parola "acciughe", dicendomi che suona bene: Ac-ciu-ghe.... Me la ripetevo e ripetevo, allargando e stringendo le vocali e addolcendo le consonanti.  Poi ho scoperto che in piemontese questa parola suona ancora più musicale, molto agrodolce: "anciuè". Mi chiedevo cosa ci fosse nel pronunciare questa parola che deliziasse il mio palato e lo pizzicasse allo stesso tempo. Probabilmente il sughetto al verde che le condisce.

In questi giorni sono stata "rapita" da un'altra parola. Riflettevo sul termine "compagni". Gente con la quale dividi qualcosa, qualcuno, una classe, un lavoro, un ideale, le mangiate dei bambini ... 
Una parola che rende l'idea di un rapporto che lega due individui.
Fin qui nulla da dire, ma c'è un uso del termine "compagni" che mi irrita particolarmente, quando è utilizzato per  indicare due conviventi. 

"Ti  presento il mio compagno".

Compagno di cosa? Di merende? Di giochi? Di scorrerie? Di bevute? Di bagordi?
Se qualcuno mi dice "ti presento il mio compagno" mi viene da pensare subito alla scuola, ai banchi, agli insegnanti, alla campanella, all'intervallo.
Se un ragazzo ed una ragazza si mettono insieme, diventano morosi in Piemonte e nel resto d' Italia diventano "ragazzi".  Se la cosa viene resa ufficiale a scopo matrimonio passano alla fase "fidanzati". 
Se i fidanzati si sposano, diventano marito e moglie. Se uno dei due muore, l'altro diventa vedovo o vedova. Se  la morte sopraggiunge quando la coppia non ha ancora convolato a nozze, la parte viva e vegeta  diventa single.  
Ma se due fidanzati vanno a vivere insieme, perché diventano compagni? Forse perché dividono la merenda durante l'intervallo? 

Esiste un termine per definire due conviventi?

Si potrebbe dire: "ti presento il mio convivente" o perché non utilizzare la frase "ti presento il mio coinquilino"?. 
Rende l'idea di due persone che vivono insieme. Ma anche qui mi torna in mente la scuola o meglio l'università.  Entrambe le parole mi risultano fredde. 

Mi suona irritante anche quando si parla di due conviventi come di "marito" e "moglie" per omologare il concetto  a una corrente di pensiero che vuole un uomo e una donna residenti nella stessa abitazione, nello status di persone sposate.
Ancora più irritante è quando la stessa coppia che vive insieme definisce l'altra parte "marito" o "moglie".

"Ti presento mio marito" e magari convivi da anni. Per chiamarlo così, lo devi sposare. Gli anni in cui lo hai lavato e stirato, servito e riverito, non danno il bonus "marito" se alle spalle non hai un matrimonio. Purtroppo, dico io.

Allora è più giusto dire: 
  • " ti presento quello li che mi lascia i calzini sporchi sotto il letto".
  • " ti presento quello li che non alza mai la tavoletta del cesso".
  • " ti presento quello li che fa le puzzette in cucina".
  • " ti presento quello li che non si cambia le mutande".
  • " ti presento quello li che non lava mai i piatti".
  • " ti presento quello li che lascia il tubo del dentifricio aperto".
  • " ti presento quello li a cui stiro le camicie".
  • " ti presento quello li che mi fornisce la carta di credito che utilizzo per fare lo shopping".
  • " ti presento quello li che mi aiuta a pagare le bollette".
  • " ti presento quello li che non si schioda mai dal divano". 
  • " ti presento quello con il quale mi sveglio tutte le mattine". 
Direi che tutto questo rende l'idea che una coppia che convive non differisce in nulla da una coppia che è sposata, se non per il risparmio dei soldi dovuto alla non cerimonia. 

Dopo tutta questa lunga riflessione, completamente inutile, si potrebbe lanciare un referendum. Ho già in mente il titolo: "compagna e compagno, devono chiamarsi così i conviventi?". Si potrebbe aggiungere questa campagna referendaria a quella che si sta svolgendo per impedire la privatizzazione dell'acqua. 

Ma io un termine ce l'ho: partner. Se si tralascia il fatto che questa parola, tradotta significa "compagno", direi che "ti presento il mio partner", fa più figo. 

mercoledì 11 agosto 2010

In vacanza per finta













Gira voce che un tot per cento degli italiani quest'anno non potrà permettersi le ferie.
Fin qui nulla di male. Il nocciolo è che oltre a non permettersele dirà che le ha fatte, ma in realtà le passerà nascosto in casa con le tapparelle abbassate.

Mi immagino questo tot per cento di fronte al photoshop mentre cerca di appiccicare la propria faccia su immagini raccolte in giro per gogol. Magari sul corpo di una super modella sdraiata su una bianca spiaggia alle Maldive o su un muscoloso attore che fa mostra della propria abbronzatura al Billionaire di Briatore. Me li immagino abbronzarsi sotto la lampada a led che tengono sul comodino. Me li immagino mentre escono con il cappellino, gli occhiali da sole, i baffi finti e l'impermeabile cercando di camuffarsi per andare a fare la spesa. 

Se vedete in centro città gente in impermeabile sotto la calura di agosto, immaginateveli in vacanza.

L'altro giorno ho visto partire i vicini di casa con l'auto imballata di bagagli, un sorriso a 36 denti e l'aria spensierata."Beati loro" mi sono detta.
Io qui, nella calura cittadina di fronte al pc, loro sdraiati al sole a mostrare le chiappe chiare. 

L'altra sera stavo leggendo, quando sento dei bisbigli e dei piccoli rumori provenienti dall'appartamento dei vicini con le chiappe al sole. 

Un sorriso perfido mi affiora alle labbra. Eccoli i vacanzieri truffaldini. Sono partiti facendosi notare dal vicinato intero suonando clacson ed elargendo benedizioni e saluti. In realtà, procedono a tentoni in casa cercando di non farsi sentire. Ho sempre pensato che la voce del tot per cento che si nasconde in casa o in cantina fosse una leggenda metropolitana, invece i miei vicini rientrano nella statistica.

Ho pensato a un milione di modi per prenderli in giro, quando ho scoperto che hanno loro svaligiato la casa. Sono tornati dalle vacanze trovandosi con il culo per terra, ma realmente abbronzato dal sole dei tropici.



mercoledì 4 agosto 2010

Glielo avevo detto, io....
















Quando torno a casa dal lavoro, uscendo dal cortile aziendale, trovo sempre un cane che mi corre incontro per salutarmi.

Allegro e gioioso mi saluta saltellando di qua e di la ed abbaiando mi dice: "ciao ne, ci vediamo domani!". Altre volte mi chiede un biscottino, altre volte una carezza. 

Ogni giorno, sempre la stessa storia. Io esco dal cortile e lui mi corre dietro, davanti, di lato, di sotto. 

Io con lui sono schiva, ma lui ormai mi si è affezionato. 

Il problema è che tra me e lui c'è la mia auto. 

Cerco sempre di evitarlo, non vorrei fargli mai del male. 

Rallento, lo faccio passare. Ma il cagnolino continua ad abbaiare e a scodinzolare, facendo lo slalom tra le ruote motrici 4x4 della mia super Toyota Aygo. 

A volte devo stare ferma ed aspettare che lui si tolga da sotto le ruote. Altre volte se lui è in ritardo, schizzo via con la mia auto, ma scrutando dallo specchietto retrovisore, mi accorgo che mi corre dietro finché stanco di mangiare la mia polvere, torna indietro con la coda tra le gambe (letteralmente). 

Il nostro è un rapporto così: più io lo evito e più lui mi ama. 

Oggi, uscendo dal lavoro, non lo vedo.  Strano, mi dico.
Faccio un passo e sento un guaito straziante. 
Mi immobilizzo, mi giro ed il cane e li che schizza via leccandosi una zampa. 

Mi ha guardata in cagnesco. Ma io glielo avevo detto di smettere di zigzagare tra le mie ruote. 
Ora sono curiosa di vedere se domani ci riproverà.